giovedì 8 febbraio 2018

Relazione finale commissione uranio e vaccini: il mio lavoro

La IV commissione di inchiesta, istituita nel 2015, ha avuto tra i suoi mandati istitutivi quello di occuparsi della composizione dei vaccini e della loro somministrazione. 
È un argomento difficile, io stesso per poter capirci qualcosa ho dovuto studiare parecchio.

Un vaccino è un farmaco biologico, ovvero un medicinale che ha al suo interno una entità biologica (principio attivo o antigene), inattiva o attiva ma attenuata nei suoi effetti, che induce il sistema immunitario a generare una reazione anticorpale. Gi antigeni (ovvero il principio attivo, l’entità biologica) dei vaccini usati da soli non sono efficienti stimolatori della risposta immunitaria, cioè non bastano da soli a produrla, ma richiedono l’ausilio di sostanze che facilitano questo compito. Per amplificare la risposta anticorpale e cellulare in seguito alla stimolazione immunitaria, e quindi l’efficacia del farmaco, è necessario unire all'antigene una sostanza che prende il nome di ADIUVANTE. Poi ci sono gli ECCIPIENTI, che servono per preparare il vaccino ma sono inerti, cioè non hanno attività farmacologica ed infine abbiamo i CONTAMINANTI ovvero sostanze tossiche o potenzialmente tossiche presenti nel farmaco a causa del processo di lavorazione, o nelle materie prime da cui viene derivato, oppure nei componenti usati per la conservazione.



Il compito della commissione è stato quello di analizzare e scomporre nei componenti base questi farmaci.
Ma come è possibile fare questo lavoro di indagine? 
I metodi sono due: 1) acquisendo le informazioni documentali o 2) facendo rilevamenti sperimentali mediante laboratori chimici specializzati.

La seconda strada è stata scartata dalla commissione in quanto avrebbe dovuto impiegare troppe risorse e troppo tempo per venir perseguita, forse con un altro paio d'anni davanti avremmo potuto valutarla. Di conseguenza per analizzare i componenti abbiamo optato per l'acquisizione documentale. Abbiamo raccolto la documentazione clinica e giudiziaria dei casi dei militari ammalati o deceduti, già da sola in grado di fornire un indirizzo di studio e indagine, e abbiamo richiesto di acquisire la documentazione rivolta ai produttori per il tramite di AIFA, cosa che abbiamo fatto nella primavera del 2016.

Già nella relazione intermedia una delle conclusioni emerse fu quella di chiedere alla Difesa la fornitura di vaccini MONODOSE e MONOVALENTI, questo per evitare la fornitura di multidose, ovvero vaccini somministrati mediante siringhe la cui quantità di farmaco è prelevata da una boccetta contenente più dosi di vaccino, dove i componenti più pesanti (adiuvanti, conservanti, eccipienti ect) si accumulano sul fondo del contenitore aumentando i rischi, e per evitare i polivalenti, cioè vaccini costituiti dalla mescolanza di più vaccini (ad esempio il vaccino trivalente MPR è costituita dai vaccini del morbillo, parotite e rosolia) in un’unica soluzione, in quanto, dalle risultanze dello studio SIGNUM e dello studio sulla Brig. Folgore del Prof. Nobile, era già emerso un fattore di danno al DNA in caso di somministrazione contemporanea di più di 5 vaccini. Infatti ad oggi nella profilassi militare sono previsti due trivalenti, per i quali abbiamo comunque consigliato in via prudenziale la fornitura in monovalente.
Sempre nella stessa relazione avevamo anche individuato come la profilassi vaccinale fosse di per se portatrice di rischi intrinsechi, sia dovuti ai pericoli del farmaco (illustrati dalle case farmaceutiche nei dossier tecnici) sia ad una scorretta profilassi vaccinale.

La Commissione ha dovuto occuparsi, ad ottobre 2017, anche di uno studio con il quale il Ministero della Difesa, quale ente finanziatore, ha tentato di smentire le risultanze sia della relazione intermedia di luglio 2017, che del progetto SIGNUM come dello studio della Brig. Folgore del Prof. Nobile (venuto a mancare recentemente). Questo studio è stato contestato, e tale contestazione la trovate a pagina 199 della relazione.

A novembre del 2017, AIFA ha consegnato i dati. Nella dichiarazione di voto sulla proroga della commissione ho sottolineato quanto fosse importante studiare questi dati prima di porre fine alla commissione (i fatti mi hanno dato ragione).

Il ragionamento chiave che ci ha mosso nell'indagine sui componenti è stato il seguente:
"tenuto conto che ogni farmaco, vaccino o non, contiene delle sostanze che per legge vengono dichiarate solo se presenti sopra una determinata soglia di tollerabilità per l’organismo, mentre eventuali elementi in quantità inferiori a tali soglie non vengono dichiarati nei documenti ufficiali, se sommiamo gli elementi sottosoglia non dichiarati, potrebbero superare la soglia di tollerabilità? Analogamente, gli elementi dichiarati tollerabili, se presi con il singolo vaccino, lo sarebbero ancora se considerati nelle rispettive quantità sommate?"
Per rispondere a queste domande abbiamo preso tutti i componenti dichiarati e li abbiamo sommati. Nel dettaglio abbiamo prima fatto una scomposizione di tutti i componenti presenti nei vaccini attualmente autorizzati, nel caso di scelta alternativa tra le marche per la prevenzione della stessa malattia abbiamo preso quello con valore più alto; poi lo abbiamo moltiplicato per il numero di inoculazioni previste come richiami secondo quanto indicato nei fogli illustrativi. Infine abbiamo fatto una simulazione per identificare il valore minimo e massimo più probabile. In questo modo abbiamo potuto elencare qualitativamente e quantitativamente ogni componente, e determinare un valore possibile complessivo totale iniettato ad ogni militare al termine della intera profilassi vaccinale, di base e completa.

Quello che è emerso è che tra i vari componenti ve ne sono alcuni che la comunità scientifica dichiara essere tossici e/o idonei a causare reazioni allergiche. Ad esempio l'Alluminio. Le quantità, confrontate con alcuni studi approvati dalla comunità scientifica, ci hanno fatto suonare un campanello d’allarme.

Studiare la profilassi vaccinale, ha significato anche individuare i fattori di rischio per la salute del militare, dipendenti dalla metodologia di somministrazione quali ad esempio meri errori, omissioni, comportamenti dolosi o colposi. Anche per questo filone di indagine la prima cosa che abbiamo fatto è stata quella di acquisire la documentazione dagli auditi, circa le modalità di vaccinazione. In un primo momento quello che abbiamo riscontrato, e segnalato già nella relazione intermedia di luglio 2017, era che spesso e volentieri non si teneva traccia della profilassi, oppure si teneva superficialmente, e questo causava una somministrazione non conforme al principio di precauzione, non conforme alle precauzioni indicate dalle case farmaceutiche, nonché alla stessa direttiva militare di riferimento. Abbiamo anche notato che spesso vi era da parte dei medici vaccinatori, ma anche da parte dei medici competenti ai sensi del d.lgs. 81/2008, un atteggiamento di sudditanza alla gerarchia militare, quando scelti tra la gerarchia stessa, rispetto all'indipendenza professionale a cui il medico dovrebbe porre giuramento. Ci è stato raccontato di somministrazioni di vaccini in nave, a missione già iniziata in violazione della tempistica necessaria per l’azione di immunizzazione, quindi esponendo il militare a rischi con un sistema immunitario debole (per via della reazione al farmaco; infatti quando si somministra il vaccino, il sistema immunitario risponde spesso con un indebolimento temporaneo delle difese, come dimostrato dal Prof. Nobile); per non parlare addirittura di un militare mandato in missione appena trapiantato e non si sa nemmeno se vaccinato o meno. 

Per risolvere questo abbiamo fatto due proposte: la prima è stata quella di usare il Fascicolo Sanitario Elettronico, per annotare digitalmente le vaccinazioni, superando così la Carta Multiservizi della Difesa, in quanto da specifica indagine abbiamo scoperto avere una asimmetria nella interoperatività con il FSE civile; la seconda invece era quella di far effettuare le vaccinazioni alla sanità pubblica, togliendo quindi alla sanità militare tale onere, ovviamente nel rispetto delle procedure militari nei protocolli vaccinali. Abbiamo poi pensato che analizzare la metodologia volesse dire anche individuare delle buone pratiche da mettere in piedi per ridurre al massimo i rischi derivante dalla somministrazione vaccinale. Per fare ciò dovevamo capire quali fossero le modalità di vaccinazione classificabili come rischiose per la salute. Partendo dai risultati di SIGNUM e dalla lettura delle schede tecniche, abbiamo concluso che tra queste rientrassero certamente il mancato rispetto delle precauzioni d’uso e il mancato monitoraggio delle reazioni avverse (queste tra l'altro abbiamo appurato essere comunicate solo se occorse entro le 48 ore dalla vaccinazione, contrariamente a quanto richiesto dalle case produttrici che non mettono ne limiti di tempo ne valutazioni pregiudiziali alla comunicazione di qualsiasi reazione avversa). Nella relazione intermedia di luglio 2017 avevamo già scritto che a nostro avviso, dalle prime deduzioni a seguito delle audizioni, servissero esami pre-vaccinali e post-vaccinali e la documentazione consegnataci da AIFA ha supportato questa tesi.

Abbiamo dunque elencato:
  • le ipersensibilità che le case farmaceutiche chiedono di controllare prima della vaccinazione e i controlli medici anamnestici che chiedono un accertamento preliminare delle condizioni del sistema immunitario (immunosoppressione, iperimmunizzazione e autoimmunità);
  • le reazioni avverse citate in tutte le schede tecniche, verificando il livello di probabilità di reazione avverse indicato dalle case farmaceutiche, tenuto conto della profilassi vaccinale nel complesso.
Quello che abbiamo concluso è che servono degli esami pre-vaccinali, al momento dell'arruolamento, sostanzialmente di due tipi:
  1. valutazione delle ipersensibilità al vaccino;
  2. status del sistema immunitario.
Al termine dei lavori abbiamo analizzato anche i dati dell’osservatorio epidemiologico della difesa e quelli raccolti dalla procura di Padova nell'ambito di una indagine relative alle malattie contratte dai militari nel corso del servizio prestato. Li abbiamo messi a confronto con i dati sulle reazioni avverse.

Tenuto conto del fatto che tra le reazioni avverse ci sono dei casi di malattie autoimmuni e che le case farmaceutiche chiedono la verifica anche di presenza di tumori o di malattie autoimmuni nelle precauzioni d’uso, il gruppo di lavoro ha ritenuto di proporre alla commissione di raccomandare l’adozione del principio di precauzione, analogicamente alla scelta effettuata dalle commissioni precedenti in relazione all’uranio impoverito, non potendosi escludere il nesso di causalità tra la profilassi vaccinale militare complessivamente considerata e gli eventi avversi individuati dalle stesse case produttrici.

Non tralascio il tema dell'analisi della fase 2 del progetto SIGNUM, ma questa è molto prolissa e vi rimando direttamente alla relazione.

Per completare il mandato occorre che la prossima commissione esamini con prove di laboratorio quanto da noi affermato.

Ricapitolando le nostre proposte sono state queste: 
  • vaccini monodose e monovalenti e vaccini più puliti;
  • somministrazione presso sanità pubblica con protocolli militari
  • utilizzo del FSE;
  • esami pre-vaccinali al momento dell'arruolamento e sorveglianza post-vaccinale attiva.
Vi lascio ora alla lettura della relazione finale (pag. 153 a 203)


Ivan Catalano

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