Buongiorno a tutti,
torno a occuparmi di concorrenza nel settore postale, già oggetto di un mio emendamento al DL Fiscale. Ho recentemente depositato un'interrogazione al Governo relativa a una possibile pratica sleale che Poste Italiane avrebbe messo in atto in danno dei suoi concorrenti, verosimilmente approfittando della sua posizione di concessionario del servizio postale universale.
In virtù di tale concessione, l'ex monopolista Poste Italiane riceve dallo Stato, come da vigente contratto di programma, 262,4 milioni all’anno, somma che in virtù di ulteriori integrazioni specifiche è cresciuta in alcuni anni fino a un importo di circa 400 Milioni di Euro. Tali somme vanno a coprire gli oneri del servizio universale, che comprende la raccolta, il trasporto, lo smistamento e la distribuzione di invii postali fino a 2 Kg e di pacchi postali fino a 20 Kg, nonché i servizi relativi agli invii raccomandati ed agli invii assicurati.
Rientra attualmente nel servizio universale anche la c.d. posta massiva, ossia l'invio non della singola lettera, ma di grandi quantità di posta, prelavorata e standardizzata da parte del mittente. Gli utilizzatori sono non la singola persona fisica, ma clienti di tipo business e istituzionali, che per esempio la usano per inviare bollette ed estratti conto. Le relative tariffe prevedono, per la tipica lettera di peso inferiore ai 20 g, un prezzo all’utenza che, a seconda dell'area servita, va da € 0,28/0,30 a € 0,53/0,55.
Parallelamente, tuttavia, Poste Italiane offre ai propri grandi clienti un servizio non incluso nel servizio universale denominato Posta Time, che risulta non solo equivalente alla posta massiva nella sua destinazione, rivolta all’utenza business, ma anzi complessivamente superiore, in quanto offre la tracciatura degli esiti e tempi di recapito certi, e tuttavia viene tariffato con prezzi sistematicamente inferiori. Tale anomalia nei prezzi risulta di difficile spiegazione da un punto di vista economico, salvo ipotizzare che le tariffe del servizio universale massivo siano fissate a un livello significativamente superiore ai suoi costi al netto del contributo pubblico o, alternativamente, che il servizio Posta Time venga offerto sottocosto. Se la prima spiegazione fosse quella corretta, allora lo Stato, e quindi i cittadini contribuenti, starebbero pagando a Poste una somma ingiustificatamente più alta del dovuto, tra l'altro a fronte di un servizio che, negli ultimi anni, ha visto ridurre il numero di uffici postali e la frequenza del servizio.
Se invece a essere corretta fosse la seconda spiegazione, Poste starebbe fornendo un servizio sotto costo o quasi, al fine di espellere i concorrenti dal settore più importante commercialmente del mercato postale, ossia quello business. Ci troveremmo quindi in presenza di un sussidio incrociato, verosimilmente alimentato dal contributo pubblico, finalizzato a contrastare i concorrenti di Poste Italiane con un’offerta non replicabile. Il bilancio di Poste, da questo punto di vista, non pare sufficientemente trasparente nella distinzione tra i costi del servizio universale e i costi imputabili alle sue altre attività, specialmente in relazione alle voci promiscue come quelle del personale e dell'infrastruttura.
Segnalo inoltre che presso l'AGCM è aperto il fascicolo A493, inerente a questa pratica, per individuarne i profili di legittimità a livello di concorrenza.
Segnalo inoltre che presso l'AGCM è aperto il fascicolo A493, inerente a questa pratica, per individuarne i profili di legittimità a livello di concorrenza.
Per questo, ho chiesto al Governo "con quali modalità siano calcolati, in sede contabile, i costi di Poste Italiane per la fornitura del servizio universale, e in quale misura vengano imputati fra tali costi quelli per il personale e per gestione e mantenimento degli uffici postali, nonché per il resto dell’infrastruttura" e "quali urgenti iniziative intende il Governo adottare (...) al fine di prevenire forme di sussidio incrociato da parte dell’incumbent".
Vi terrò aggiornati sugli sviluppi, a presto.
Ivan Catalano
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