Sono da poco rientrato dal viaggio, della durata di sei giorni organizzato dall'Associazione Interparlamentare di Amicizia Italia-Israele, in collaborazione con l'associazione "Appuntamento a Gerusalemme". Insieme a un nutrito gruppo di parlamentari, rappresentativi di tutti i maggiori schieramenti, mi sono recato - per la prima volta - in Israele, per avere uno spaccato del paese (inevitabilmente solo parziale, vista la breve durata del viaggio) e incontrare vari esponenti dell'ambiente politico e diplomatico. Desidero ora condividere con voi l'esperienza di questo viaggio, in un resoconto a puntate, nel quale esporrò ciò che ho visto e, soprattutto nella parte conclusiva, alcune considerazioni relative agli interessi italiani e alla questione, comunque ineludibile, della pace tra israeliani e arabi.
La prima tappa del viaggio è stata Tel Aviv, dove abbiamo soggiornato tre notti. La città, centro economico e finanziario dello Stato di Israele, è nota per la sua vibrante atmosfera culturale e per la sua attrattività turistica. Per evidenti ragioni di tempo e di contesto, non abbiamo potuto apprezzare la sua pur nota lightlife, privilegiando invece la visita a luoghi di interesse storico e politico, così da approfondire l'elaborazione e la messa in opera, da parte del movimento sionista, del progetto nazionale ebraico nella Palestina mandataria. In tale ottica, abbiamo visitato il quartiere di Neve Tsedek, primo nucleo della città ebraica, l'Indipendence Hall, luogo di proclamazione dello Stato ebraico, e il Museo Erez, dove è in questi giorni allestita una mostra che dà ampio spazio al contributo dato dall'Italia e dai suoi abitanti nell'immigrazione degli ebrei europei in terra d'Israele, al termine del secondo conflitto mondiale.
A seguire, ci siamo diretti a sud, visitando la comunità di Netiv HaAsara. Si tratta di un moshav, ossia di un villaggio agricolo con caratteristiche socialiste/cooperativistiche, una versione più temperata del più noto modello del kibbutz. Tuttavia, gli abitanti non hanno avuto modo di esporci nel dettaglio le caratteristiche dell'insediamento nel quale vivono, desiderando piuttosto concentrarsi su una questione che percepiscono come ben più urgente. Infatti, al pari dei vicini kibbutz di Erez e di Yad Mordechai, Netiv HaAsara si trova all'interno dei confini internazionalmente riconosciuti dello Stato di Israele, ma confina con la Striscia di Gaza, oggi governata come un emirato islamico de facto dal movimento di Hamas.
A cadenza periodica, anche durante i periodi di relativa calma, le comunità israeliane di tale confine sud sono vittima di attacchi balistici provenienti da Gaza. A nostra espressa domanda, la rappresentante del moshav ci ha informato che l'ultimo razzo Qassam era stato lanciato due settimane prima. Il giorno seguente alla nostra visita in zona, un altro razzo sarebbe stato sparato, per fortuna senza vittime. Più che dalla sola fortuna, le limitate vittime di questi attacchi dipendono anche dall'estrema preparazione della popolazione, addestrata a raggiungere entro 15 secondi dal suono delle sirene appositi rifugi, edificati presso ogni scuola, ogni fermata del bus, ogni luogo pubblico e anche in ogni nuova costruzione privata.
L'immagine a fianco mostra il raggio dei razzi e missili a disposizione di Hamas, nonché i secondi di allarme tra il loro rilevamento e il loro impatto al suolo.
Fine della prima parte.
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