Il Decreto Vaccini, n°73 del 2017, dal mio punto di vista è incostituzionale. Purtroppo non sono riuscito a presentare una mia pregiudiziale di costituzionalità in aula, ma vorrei comunque condividere la mia posizione in merito.
Si tratta di una analisi che ho fatto con l'ausilio di alcuni esperti e consulenti della materia. Io ritengo che le previsioni di questo decreto, con l'inizio dell'anno scolastico, creeranno diversi problemi.
Ivan Catalano
A.C. 4595
QUESTIONI PREGIUDIZIALI DI COSTITUZIONALITÀ
La Camera,
premesso che:
- nel caso in esame il Governo ha fatto ricorso alla decretazione d’urgenza in assenza delle condizioni che la legittimano, in violazione dell’art. 77, Cost.. Mancano, infatti, i presupposti di “straordinaria necessità e d’urgenza” idonei a giustificare la deroga al principio democratico della separazione dei poteri per cui il potere legislativo deve essere esercitato dall’organo elettivo e non dall’organo esecutivo;
Ciò è dimostrato “di fatto” dalla mancanza di uno “stato di emergenza” per la salute pubblica, come dichiarato espressamente dal Presidente del Consiglio e rimarcato dall’assenza di declaratorie di stato di emergenza sanitaria nel Paese, in quanto non sussistono epidemie in corso che impongano di ricorrere urgentemente a misure anche normative di carattere straordinario; è, altresì, confermato “di diritto” dal testo del preambolo e dell’art. 1, comma 1, del decreto legge, che si limita ad affermare la “straordinaria necessità ed urgenza” in modo apodittico, senza poterne indicare in alcun modo i contenuti.
Infatti, non può essere ascritta al parametro della “necessità ed urgenza” l’esigenza di ridurre rischi per la salute in situazioni simili a quella attuale, di assenza di epidemie, né quella di “mantenere” adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica e di copertura vaccinale, che non rischiano di venir meno nei tempi necessari al normale dibattito parlamentare. Allo stesso modo, non può rientrare nel carattere della “straordinarietà ed urgenza”, la necessità di rispettare obblighi e strategie concordate dal Governo a livello europeo (in questo senso cfr. Corte cost., sent. n. 360/1996 e 171/2007);
- All’art. 1, comma 1 e 1-bis, il decreto legge prevede una serie di obblighi di trattamenti sanitari vaccinali in violazione dell’art. 32 Cost. nel punto in cui impone un trattamento sanitario obbligatorio in deroga al diritto del singolo di autodeterminarsi nell’esercizio della propria libertà di cura, in assenza di situazioni di reale pericolo per la salute pubblica, in quanto riferito a patologie altrimenti risolvibili con o senza terapie, e comunque rispetto alle quali, l’immunizzazione garantita a chi liberamente scelga di vaccinarsi, fa da più che adeguato scudo alla malattia e assicura la salvaguardia della tutela anche dei cittadini che, con l’ausilio del medico valutino la preferibilità della prevenzione da malattie infettiva tramite vaccinazione. Inoltre, il trattamento imposto presenta un riconosciuto pericolo di reazioni avverse anche molto gravi ed invalidanti, in assenza delle garanzie di tutela della salute in forma di prevenzione dei danni da vaccino a mezzo di una corretta anamnesi e di adeguati esami pre-vaccinali.
Sul punto basti ricordare che l’art. 32 Cost. sancisce il diritto fondamentale del singolo alla salute a alla libertà di cura, ammettendone la limitazione solo in funzione dell’interesse alla tutela della salute collettiva e nei limiti del rispetto della persona umana. È pertanto sancito il diritto all’autodeterminazione in materia sanitaria, successivamente confermato a livello internazionale dalla convenzione di Oviedo, che fissa il principio del “consenso libero e informato”, liberamente ritirabile in qualsiasi momento, per tutti i trattamenti sanitari (Convenzione di Oviedo, art. 5), e come ribadito dalla Corte costituzionale, che lo configura come “espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico e come vero e proprio diritto della persona che trova fondamento nei principi espressi dall’art. 2 Cost., che ne tutela e promuove i diritto fondamentali, e dagli artt. 3 e 32 Cost.” (Corte cost. n. 438/2008).
Peraltro, la Corte costituzionale, chiamata più volte ad intervenire in tema di obblighi vaccinali, ha preso atto della pericolosità del vaccino per la salute dei singoli, come dichiarata espressamente dall’industria produttrice di vaccini nei fogli informativi, scientificamente dimostrata, riconosciuta dall’ordinamento (cfr. legge n. 210/1992 in tema di obbligo dello Stato di indennizzo per danni da vaccini obbligatori e raccomandati) e accertata di fatto in più giudizi civili (Corte cost. sent. n. 307/1990), ed ha ammesso il sacrificio della libertà di autodeterminazione del singolo in tema di salute in termini costituzionalmente compatibili solo a condizione che la vaccinazione sia volta non solo a preservare e migliorare lo stato di salute dell’individuo, ma anche di quella degli altri componenti la collettività e non sia dannosa per il singolo.
Ne discende che, il sacrificio della libertà individuale di scegliere se sottoporsi o meno a vaccinazione, non è apparso giustificato al Giudice delle Leggi se volto unicamente alla tutela della salute del singolo (cfr. Corte cost. n. 307/1990, n. 107/2012). Conseguentemente:
- l’art. 1, comma 1, del d.l. viola l’art. 32 cost. nel punto in cui impone l’obbligo di vaccinazione per malattie non contagiose come il tetano e non diffuse come l’epatite B. Infatti, in questi due casi non vi è alcun pericolo di contagio per la collettività da prevenire;
- l’art. 1, comma 1bis, del d.l. viola l’art. 32 cost. nel punto in cui impone l’obbligo di vaccinazione per malattie pacificamente curabili e che non costituiscono alcun pericolo per la salute del singolo ne’ di quella pubblica, per cui non esiste alcuna esigenza di tutela da pericoli per la collettività che giustifichi in Erminio di ragionevolezza il recesso del diritto alla libera scelta individuale. Nel caso delle malattie da prevenire con vaccinazione obbligatoria ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, del d.l. in esame, si è di fronte per la maggior parte ad esantemi dell’infanzia (Morbillo, Varicella, Rosolia), per i quali le terapie appropriate (non sempre necessarie) garantiscono ottimi risultati in termini di guarigione e soprattutto determinano la formazione naturale di anticorpi che assicurano l’immunità dell’individuo per l’intera durata della vita;
- l’art. 1, comma 1 e 1-bis, del d.l. violano l’art. 32 cost. nel punto in cui impone l’obbligo di vaccinazione senza prevedere alcuna forma di controllo preventivo dello stato di salute dell’individuo e della sostenibilità della misura sanitaria. Infatti, la Corte costituzionale ha affermato: a) che nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario obbligatorio in presenza di “accertati pericoli concreti per la salute” (Corte cost. n. 262/2004; n. 87/2010); b) che deve essere esonerato dall’obbligo chi ne dimostri la dannosità nei propri confronti (Corte cost., sent. n. 307/1990) e c) che il bilanciamento tra il diritto del singolo e l’interesse alla salute della collettività rende “necessario porre in essere una complessa e articolata normativa di carattere tecnico - a livello primario attesa la riserva relativa di legge, ed eventualmente a livello secondario integrativo - che, alla luce delle conoscenze scientifiche acquisite, individui con la maggiore precisione possibile le complicanze potenzialmente derivabili dalla vaccinazione, e determini se e quali strumenti diagnostici idonei a prevederne la concreta verificabilità fossero praticabili su un piano di effettiva fattibilità.” (Corte cost. n. 258 del 20 giugno 1994).
All’art. 1, comma 1, e all’art. 1, comma 1-bis il d.l. prevedono l’obbligo di vaccinazione a carico dei “minori di età compresa tra zero e sedici anni” e di “tutti i minori stranieri non accompagnati” in violazione dell’art. 3 Cost. che sancisce il principio di uguaglianza e parità di trattamento per la regolazione di situazioni uguali. Orbene, il testo distingue le due categorie di minori in “minori da zero a sedici anni”, da un lato, e in “tutti i minori stranieri non accompagnati”, dall’altro lato. Si deve, pertanto, ritenere che se un soggetto è minore di età e straniero sarà soggetto ad un obbligo vaccinale più esteso, per tutta la minore età, fino al raggiungimento dei diciotto anni, se non accompagnato da un genitore o da un tutore che provveda alla salvaguardia dei suoi diritti anche in termini di verifica della somministrazione dei vaccini nel rispetto dei principi di stato di salute al momento della inoculazione del farmaco, verifica di preesistente immunizzazione naturale o vaccinale, e così via. Rimane poi fuori dalla regolazione la categoria dei minori stranieri “accompagnati” che non è chiarito se debbano essere ricompresi tra i minori cittadini italiani con i conseguenti obblighi vaccinali fino ai sedici anni, ovvero siano esonerati dagli obblighi vaccinali. Oltre a quanto sopra rilevato, non pare che la provenienza nazionale o straniera del minore ne’ il requisito dell’accompagnamento possano costituire elementi differenziali per imporre ai soli minori non accompagnati una vaccinazione prolungata fino ai diciotto anni o escludere i minori stranieri accompagnati dalla vaccinazione, ne’ queste distinzioni hanno alcuna ragionevolezza rispetto alla dichiarata esigenza di copertura vaccinale nazionale richiamata all’art. 1, comma 1, del d.l..
All’art. 1, comma 1-quater il d.l. prevede a carico delle Regioni l’onere di provvedere all’offerta attiva e gratuita di quattro batterie di vaccini ai soli “minori di età compresa tra zero e sedici anni” omettendo completamente la previsione per i minori stranieri, siano essi accompagnati o non accompagnati, in violazione del principio di uguaglianza e parità di trattamento, nonché di ragionevolezza di cui all’art. 3, Cost.
Agli artt. 3, comma 1, e 3-bis, commi 1 e 3, il d.l. ripete i richiami alle categorie dei “minori da zero a sedici anni” e dei “minori stranieri non accompagnati” di cui si è detto sopra con i medesimi profili di irragionevolezza in violazione dell’art. 3, Cost., appena evidenziati;
All’art. 1, comma 3-bis, il d.l. prevede che la commissione tecnica scientifica incaricata di predisporre la relazione sulla farmacovigilanza sia integrata da esperti indipendenti e non in conflitto di interesse, in violazione con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost. nel punto in cui non prevede che i requisiti di indipendenza e mancanza di conflitto di interessi siano presenti in tutti i componenti della commissione.
All’art. 1, comma 4, e all’art. 3, comma 3, il d.l. prevede a carico dei genitori esercenti la patria potestà dei tutori e degli affidatari forme e modalità sanzionatorie sproporzionate ed irragionevoli, in violazione dell’art. 3 Cost. e del principio di uguaglianza, nel punto in cui individua, per il caso di mancata vaccinazione dei figli minori, una sanzione amministrativa pecuniaria dell’importo da € 100,00 a € 500,00 e l’impossibilità di accedere ai servizi educativi per l’infanzia e alle scuole per l’infanzia.
In relazione alla sanzione pecuniaria occorre ricordare che il principio di ragionevolezza di cui all’art. 3, cost. trova espressione anche nel principio di proporzionalità delle sanzioni rispetto a quelle previste per altre forme di violazioni paragonabili (si vedano, ex multis, Corte cost. n. 220/1995, Corte cost. n. 16/1964; n. 231/1985; n. 368/1985; n. 14/1987, n. 446/1988; n. 826/1988, n. 487/1989… fino alle più recenti n. 185/2003; n. 114/2004; n. 7/2005 e n. 401/2007).
Tale parametro è completamente disatteso dalla norma in esame per due diversi aspetti:
- l’art. 1, comma 4, del d.l. viola l’art. 3 Cost. per il profilo della violazione del principio di proporzionalità della sanzione nel punto in cui si conforma con l’unica altra ipotesi di trattamento sanitario obbligatorio prevista dall’ordinamento, riferita ai malati psichiatrici, per la quale non è prevista alcuna sanzione pecuniaria per la violazione dell’obbligo;
- l’art. 3, comma 3, del d.l. viola l’art. 3 Cost. per il profilo della violazione del principio di proporzionalità della sanzione in quanto accanto alla sanzione pecuniaria è prevista quella del divieto di accesso all’asilo nido e scuola dell’infanzia. Infatti la misura appare punitiva delle sole famiglie delle fasce economico – sociali più deboli, nelle quali la necessità di entrambi i genitori di svolgere attività lavorativa e l’impossibilità economica di sostenere i costi di servizi di baby sitter a pagamento impone di sottostare all’obbligo mentre per converso le famiglie delle fasce sociali più benestanti possono provvedere alla gestione dei figli in età pediatrica fino alla scuola dell’obbligo con soluzioni diverse dall’asilo nido e dalla scuola materna;
- si rimarca la sproporzione e irragionevolezza della misura a fronte di situazioni di assenza di reale pericolo epidemico, per malattie comunque curabili da decenni, e in un contesto sociale in cui i cittadini che abbiano scelto invece di vaccinarsi sono comunque protetti ed immunizzato da ogni eventuale pericolo di contagio per effetto della vaccinazione effettuata.
- All’art. 4, comma 2, il d.l. prevede l’isolamento del minore non vaccinato – per qualunque ragione, sia di condizioni di salute che di scelta individuale - nella misura di due per classe, operata in assenza di una disposizione di tutela della privacy che riconduca espressamente la condizione di vaccinazione a dato sensibile coperto dalla massima riservatezza. In tal modo l’ordinamento costruisce una situazione di discriminazione per condizione vaccinale in palese contrasto con l’art. 3 Cost. a danno del minore, che può facilmente essere additato come persona cui non avvicinarsi addirittura in mancanza di alcun pericolo epidemico.
- All’art. 5-bis, comma 1, il testo di legge di conversione introduce una disposizione del tutto inconferente ed eterogenea rispetto al d.l. da convertire, in violazione dell’art. 77, Cost.. si tratta della previsione, di natura processualcivilistica, del litisconsorzio obbligatorio di Aifa nei giudizi “aventi ad oggetto domande di autorizzazione alla somministrazione di presunti farmaci non oggetto di sperimentazione almeno di fase 3 e da porre economicamente a carico del SSN o di enti o strutture nazionali pubbliche”. Una simile previsione per la sua mancanza di alcun contatto con la vicenda delle vaccinazioni obbligatorie in età pediatrica e in minore età non solo appare “manifestamente priva di connessioni” con la somministrazione dei vaccini, ma nemmeno può giovarsi delle modalità di normazione d’urgenza che sono vantate dal governo in relazione al decreto legge, legate tutte alla copertura vaccinale ed avulse dalle vicende processuali che coinvolgono farmaci sperimentali di fase fino alla III, come è quella richiamata (sul punto cfr. Ex multis, Corte Cost. N. 32/2014; 251/2014, 145/2015 e 22/2012).
Tutto ciò premesso e considerato
delibera
ai sensi dell'articolo 40, comma 1, del Regolamento, di non procedere all'esame del testo del disegno di legge n. 4595 di conversione in legge del decreto legge 73 del 7 giugno 2017.
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