Ieri si è svolto a Roma un'interessante incontro sul problema dei dragaggi portuali, organizzato da Federazione del Mare, Assoporti e Federagenti col patrocinio del Ministero dell'Ambiente. Col passare del tempo, è naturale che sul fondale dei porti si depositino sedimenti, tali da ridurne, progressivamente, il pescaggio. I nostri porti, molti dei quali di antichissima storia, sono posizionati in zone ideali, molto meno soggette a dinamismo ambientale rispetto a diversi dei nostri concorrenti nordeuropei, vicini agli estuari dei fiumi o soggetti a correnti oceaniche. Ciò non toglie che, a intervalli regolari, i fondali debbano essere dragati per liberarli dai sedimenti. Tale operazione risulta particolarmente costosa e complessa, specialmente in Italia. Molte aree portuali della penisola sono state dichiarate Siti di interesse nazionale, ovvero aree econtaminate pericolose ed estese. Com'è ovvio, i fanghi dragati da una SIN richiedono un trattamento particolare di bonfiica e non possono certo essere buttati a mare, o riutilizzati per vasche di colmata senza specifiche opere tali da renderle impermeabili.
La soluzione a tali difficoltà non può essere quella di sacrificare l'ambiente, la pesca e il turismo con normative in deroga. Anche perchè la Commissione Europea, che già ha delle procedure d'infrazione in corso contro l'Italia per situazioni simili, ci sanzionerebbe severamente. Sicuramente è necessario ridisegnare le aree SIN. C'è chi ha sostenuto, proprio nel corso dell'incontro, che il 95% delle aree dichiarate tali non sarebbero in verità così contaminate e chi, come il Sottosegretario Silvia Velo, che parrebbero essere state incluse a suo tempo per ottenere dallo Stato maggiori fondi per la bonifica. Al di là della riperimetrazione, c'è da chiedersi se abbia senso avere normative differenziate tra porti SIN e non SIN, anzichè norme comuni, che facciano riferimento a parametri comuni per calcolare il livello di inquinanti, la loro pericolosità e, conseguentemente, le diverse regole per la gestione e bonifica dei terreni. Sempre nellottica di semplificare e uniformare le normative, lo Stato deve riacquisire le propire competenze in materia, indebitamente condivise con le Regioni. Forse che un determinato inquinante ha caratteristiche chimico-fisiche diverse a Palermo e a Milano? Alcuni degli indirizzi politici emersi nell'incontro vanno in queste direzioni, e me ne felicito. E' poi necessario che, come negli altri paesi europei, si seguano nei nostri porti i criteri tecnico scientifici offerti dalle best practices mondiali. Essi indicano , nell'ordine, la caratterizzazione, la classificazione e solo da ultimo la scelta del tipo di trattamento dei sedimenti. Finchè i primi due passaggi, necessari per comprendere esattamente quanto siano inquinati, da che cosa, e quanto possano essere pericolosi i materiali di sedimento, vengono svolti sommariamente (o non vengono svolti proprio) non possiamo stupirci che i costi di bonifica siano così elevati, in quanto tutti i sedimenti di un'area devono essere bonificati, anche quelli che, in realtà, non necessiterebbero alcun trattamento e potrebbero essere invece usati per edificare nuove banchine.
Per concludere, il problema dei dragaggi esiste. Esso non deve essere risolto con deroghe al ribasso della tutela ambientale, ma con un'opera di semplificazione e uniformazione di norme e procedure, con la riperimetrazione dei SIN e con la sistematica, preventiva caratterizzazione e classificazione dei sedimenti.
A presto
Ivan Catalano
Nessun commento:
Posta un commento