Buongiorno a tutti.
Tutte le principali testate si sono occupate negli ultimi giorni di una proposta di Legge diretta a contrastare il fenomeno del c.d. cyberbullismo, subito posta in discussione in riapertura dell'aula.
Condivido i dubbi da più parti espressi sull'attuale contenuto di questa proposta, che presenta numerose criticità e che risulta snaturata, dopo il passaggio in Commissioni, rispetto all'originaria ispirazione. Ritengo opportuno un ritorno in Commissione, per una completa riscrittura. Avevo comunque preparato alcuni emendamenti, per correggere le principali criticità da me riscontrate.
La prima riguarda la definizione di cyberbullismo. A livello logico, il cyberbullismo è una forma di bullismo, un sottoinsieme caratterizzato dalle particolari modalità (info-telematiche) con le quali viene posto in essere l’atto. Nel testo delle Commissioni, invece, il cyberbullismo viene trasformato da sottoinsieme del bullismo in un concetto separato. Particolarmente problematica, anche in tal senso, è la questione della non reiterazione. Invero, per alcune forme di cyberbullismo questo potrebbe avere un senso, in quanto il contenuto posto on line viene visto molte volte da molte persone, e quindi, pur a fronte dell’unicità della condotta lesiva, vi è una reiterazione dell’offesa al bene giuridico tutelato. Per altre forme, però (es: telefonata o sms non massivo) ciò non ha senso. Se quindi si potrebbe fare una seria riflessione rispetto alla reiterazione dell’offesa a fronte anche di un unico atto, ciò richiederebbe un ripensamento profondo dell’intera proposta, con il ritorno in Commissione. Piuttosto che mantenere l’attuale formulazione, è preferibile eliminare tout court l’inclusione degli atti non reiterati.
Anche a livello tecnico, il comma 2-bis dell'articolo 1 è dubbio. Anziché quel lungo catalogo di ipotesi, tra l’altro non esaustive, anche alla luce della prevedibile evoluzione tecnologica, il legislatore dovrebbe fare ricorso a concetti generali e astratti. Si avrebbe così un testo più sintetico, più leggibile e più logico.
Larticolo 2, da un punto di vista formale, di sintassi e della disposizione è inaccettabile, prima di tutto dal punto di vista della lingua italiana. Nel merito, invece, il garante della privacy non ha né l’esperienza, né le capacità conformative richieste per le funzioni che gli si vorrebbero assegnare. La polizia postale, al contrario, ha ormai una lunga esperienza in materia, e una più credibile capacità di ottenere dai gestori e fornitori di servizi internet la rimozione di contenuti. Infine, non si comprende la ratio di dare a “ciascuno” il potere di proporre istanza, e non solo agli interessati (minore, genitore, tutore ecc). Anche perché, in molti casi, ciò determinerebbe un inutile aggravio in carico ai pubblici poteri. Si pone, in ogni caso, un ulteriore problema. Se su una piattaforma dei gruppi di utenti organizzati segnalano un contenuto, magari non configurante bullismo, c’è il rischio che la piattaforma, nel dubbio, lo censuri, fino a che una autorità non gli ordini eventualmente il ripristino. In tal modo, si lede però il diritto del singolo che abbia subito la censura di un proprio contenuto lecito.
Larticolo 2, da un punto di vista formale, di sintassi e della disposizione è inaccettabile, prima di tutto dal punto di vista della lingua italiana. Nel merito, invece, il garante della privacy non ha né l’esperienza, né le capacità conformative richieste per le funzioni che gli si vorrebbero assegnare. La polizia postale, al contrario, ha ormai una lunga esperienza in materia, e una più credibile capacità di ottenere dai gestori e fornitori di servizi internet la rimozione di contenuti. Infine, non si comprende la ratio di dare a “ciascuno” il potere di proporre istanza, e non solo agli interessati (minore, genitore, tutore ecc). Anche perché, in molti casi, ciò determinerebbe un inutile aggravio in carico ai pubblici poteri. Si pone, in ogni caso, un ulteriore problema. Se su una piattaforma dei gruppi di utenti organizzati segnalano un contenuto, magari non configurante bullismo, c’è il rischio che la piattaforma, nel dubbio, lo censuri, fino a che una autorità non gli ordini eventualmente il ripristino. In tal modo, si lede però il diritto del singolo che abbia subito la censura di un proprio contenuto lecito.
Ritengo poi inutile la previsione di un codice di regolamentazione. La possibilità di ottenerne coattivamente il rispetto da parte dei giganti del web, nessuno dei quali basato in Italia, è prossima allo zero. Diventa solo un ulteriore appesantimento burocratico per le start up italiane. Tra l’altro, non si comprende in che modo e direzione un tale codice innoverebbe rispetto alle normative e prassi vigenti.
Infine, penso che tutte le disposizioni penali andrebbero soppresse, anche perché vanno a snaturare la proposta, ma non solo. Si va a modificare un’aggravante dell’art. 612-bis, sugli atti persecutori. Però, la maggior parte degli atti persecutori non rientrano necessariamente nel bullismo, anzi. Tra l’altro la circostanza aggravante dell’uso di strumenti telematici già esiste. Viene però trasformata in una c.d. circostanza indipendente, dotata cioè di una pena edittale propria, indipendente da quella del reato base. Ciò, verosimilmente, per evitare un possibile bilanciamento con circostanze attenuanti.
Mi è stato possibile segnalare uno solo dei miei emendamenti e ho optato per il secondo, quello sostitutivo dell'art. 2 che individua nella Polizia Postale, anziché nel Garante della Privacy, il soggetto destinatario della richiesta di rimozione di un contenuto. So infatti di altri deputati che hanno presentato modifiche migliorative alla definizione e, inoltre, emendamenti soppressivi delle disposizioni penali: appoggerò tali proposte emendative.
qui i miei emendamenti
A presto
Ivan Catalano.
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