E' in corso di discussione al Senato l'A.S. 2085, già approvato dalla Camera come A.C. 3012, "Legge annuale per il mercato e la concorrenza".
I relatori hanno presentato, in Commissione al Senato, l'emendamento n. 52.0.400, con il quale si conferisce al Governo una delega legislativa per la revisione della Legge n. 21 del 1992, che disciplina la materia degli autoservizi pubblici non di linea (ossia, attualmente, i servizi taxi e NCC). Sostengo l'iniziativa, in quanto ritengo che una revisione della disciplina del settore sia improcrastinabile. Nondimeno, ritengo siano opportune delle modifiche al testo della Delega.
La prima modifica è essenzialmente terminologica, e attiene all'attuale inclusione sia del taxi, sia del noleggio con conducente, fra gli "autoservizi pubblici non di linea". Classificazione che risulta impropria, a fronte delle diverse caratteristiche del taxi e del ncc. Quanto ai taxi, ci si trova indubitabilmente davanti a un servizio pubblico, in virtù degli obblighi di servizio e dall’esistenza di tariffe predeterminate. Nel noleggio con conducente, vi è invece libera determinazione dei prezzi e gli operatori non hanno l’obbligo di soddisfare le richieste ricevute. Si tratta quindi di un servizio di stampo essenzialmente privatistico. A contrario, si potrebbe sostenere che anche l’NCC è soggetto a una normativa pubblicistica. Tuttavia, tale normativa è qualitativamente diversa rispetto a quella delle auto bianche, tanto che per esercitare il servizio taxi serve una licenza, mentre per gli ncc basta una mera autorizzazione amministrativa. Inoltre, l’esistenza di specifiche norme pubblicistiche, giustificate dall’esigenza di tutelare primari beni giuridici ( in questo caso, il bene della sicurezza stradale, a sua volta strumentale a quelli della vita e della salute), non vale a rendere “pubblico” un servizio. Diversamente argomentando, l’intero servizio di autotrasporto merci, governato da norme finalizzate a tutelare gli stessi beni giuridici di cui sopra, andrebbe paradossalmente considerato un servizio pubblico! Con il primo subemendamento, si chiede quindi al legislatore di ripensare, a livello classificatorio, la disciplina dei due servizi, ponendo fine alla evidenziata distorsione normativa.
La seconda modifica investirebbe il criterio direttivo di “regolare la concorrenza” che, nella sua attuale formulazione, è estremamente vago, e astrattamente consentirebbe di porre in essere politiche di stampo opposto. L’uso del verbo “promuovere”, pur non rendendo rigido il criterio direttivo, consente di dare un indirizzo più preciso al Governo sulla direzione cui deve tendere la disciplina, ossia quello di un mercato più aperto e competitivo.
La seconda modifica investirebbe il criterio direttivo di “regolare la concorrenza” che, nella sua attuale formulazione, è estremamente vago, e astrattamente consentirebbe di porre in essere politiche di stampo opposto. L’uso del verbo “promuovere”, pur non rendendo rigido il criterio direttivo, consente di dare un indirizzo più preciso al Governo sulla direzione cui deve tendere la disciplina, ossia quello di un mercato più aperto e competitivo.
Il terzo subemendamento aggiunge, tra i criteri direttivi, quello di "conformare la disciplina dei servizi alle esigenze di tutela dell’ambiente, ottimizzando l’uso delle risorse disponibili ed eliminando le disposizioni che impongono il compimento di viaggi a vuoto". Nel disciplinare gli autoservizi di trasporto, il Governo non può esimersi di tenere conto degli obiettivi ambientali che l’Italia si è prefissa, anche nei rapporti con i nostri partner europei. Il discorso, tra l’altro, si lega strettamente alla questione, di pressante attualità, della necessità di ridurre l’uso di fonti energetiche fossili. E’ impensabile, nel 2016, che la disciplina degli autoservizi non di linea possa non solo favorire, ma addirittura imporre ai conducenti di veicoli a motore di fare tragitti a vuoto privi di qualsiasi giustificazione economica. Le anacronistiche norme sul rientro in rimessa non devono trovare spazio nella nuova disciplina.
L'ultimo subemendamento attiene alle competenze in materia. E’ accettabile che la stessa norma venga interpretata in maniera non meramente “diversa”, ma addirittura opposta, nei differenti territori? Ed è accettabile che tali differenze applicative continuino a prodursi non per mesi, ma per anni e anni? L’attuale assetto di competenze regionali e locali ha prodotto risultati problematici. Un’operatore economico ha bisogno di discipline uniformi e regole chiare per poter lavorare, e non può essere tenuto ostaggio dei mutevoli indirizzi di diecimila campanili, spesso tra l’altro condizionati da interessi assolutamente particolari. Non è detto che il Governo debba ridurre le competenze locali, ma è sbagliato imporre all’esecutivo di mantenerle e addirittura incrementarle! Ciò che appare razionale fare è un ripensamento globale dei vari aspetti della disciplina. Il Governo, in relazione a ciascuno di essi, deve studiare e individuare il livello di Governo ottimale, bilanciando da un alto le esigenze della prossimità al cittadino e al territorio, dall’altro l’esigenza di dare un minimo di uniformità alla normativa. Il tutto, sulla base dei principi, mutuati dall’ordinamento costituzionale e da quello europeo, di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
Ho mandato le mie proposte ai senatori Luis Alberto Orellana e Lorenzo Battista, al fine di sottoporle alla loro valutazione ai fini di un'eventale presentazione.
Vi terrò aggiornati sugli sviluppi.
Aggiornamento al 05/07/2016: sono ora pubblicati due subemendamenti, derivati da quelli da me proposti, presentati dai colleghi del Senato, in materia di ritorno in rimessa e di promozione della concorrenza.
Aggiornamento al 05/07/2016: sono ora pubblicati due subemendamenti, derivati da quelli da me proposti, presentati dai colleghi del Senato, in materia di ritorno in rimessa e di promozione della concorrenza.
Ivan Catalano
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